Capiamoci: a me, che le scuole siano o non siano veicolo di contagio, non importa un fico secco.
Mi pare anzi ovvio che lo siano, e al di là dei “comportamenti” dei ragazzi – fa solo ridere che qualcuno possa anche solo immaginarsi di predicare distanziamento a degli adolescenti chiusi in casa per settimane e poi liberati, a scuola come unica occasione minimamente non dico sociale, ma UMANA…Secondo voi, come dovrebbero comportarsi? Da esseri umani – e anche troppo cauti e moralizzati sono, ‘sti ragazzi. Ma no, esistono persone che, invece di mettere in discussione simili restrizioni, son capaci di partorire sillogismi del tipo: “I ragazzi sono chiusi in casa – se vanno a scuola, unica occasione di socialità, si assembrano = chiudiamo le scuole”. Bravi, bis, Nobel.
Comunque, per quanto detto sopra non credevo potessero servire super comitati, studi e controstudi e ridicoli battibecchi da mentecatti o da galline nevrotiche per per arrivare alla logica, lapalissiana conclusione che a scuola ci si contagia più o meno quanto in tutti gli altri luoghi di lavoro, o al supermercato di sabato mattina, o alle fantastiche file di pensionati in coda confusa per il vaccino rapido-rapido-rapido, a mo’ di catena di montaggio, che dobbiamo vaccinarne un milione al giorno (e facendo però un’anamnesi approfondita, signora mia!, sennò non c’è sicurezza! Il principio della realtà proprio vi fa un baffo, a voi).
Ma sapete perché non m’interessa, quanto ci si contagi a scuola?
Per due premesse.
1. Alcune cose, per me, sono inestimabili.
Non mi si può dire: “Ah, il prezzo di questa cosa è troppo alto!”, perché mi incacchio, perché non esiste, e se esistesse un prezzo per le cose inestimabili, beh, non avrebbero senso l’umanità, la civiltà, la dignità, la speranza, la storia: nulla.
2. Tutto nella vita si paga.
Questa premessa non è in contrasto con la prima, anzi.
Non avendo due anni nel cervello, nonostante tutti i miei limiti e difetti, ho ben capito ciò che la mia mamma, con tutti i suoi limiti e difetti, mi ha insegnato: OGNI scelta porta ad una rinuncia; nella vita, si paga TUTTO. Senza eccezioni. Ci piacerebbe, ma non è così: dobbiamo scegliere. Non è cinismo, non è crudeltà: è la realtà, che sta insieme componendosi di un tutto, come un’equazione.
Qual è la conclusione di queste due premesse?
Che, per le cose inestimabili, non c’è prezzo troppo alto da pagare. Si paga, e può essere doloroso, ma si paga. Perché l’alternativa è di molto peggiore.
Per questo non mi frega a che posto mettiate voi la salute, proprio non mi frega, o i contagi a scuola.
A me frega dell’istruzione e dell’educazione: inestimabili.
Tradotto: il contagio scolastico è un prezzo da pagare, se vogliamo salvare quanto di più prezioso abbiamo. Anche se le scuole diffondessero la peste bubbonica, non andrebbero chiuse, perché rinunciare a istruzione ed educazione equivale a rinunciare a qualcosa che vale, semplicemente, più di tutto: la dignità, l’anima dell’essere umano.
Mi piacerebbe che fra le opzioni ci fosse “apriamo le scuole e non si alzano i contagi”, ma non ho, ripeto, due anni. Quindi fra “scuole aperte & si alzano i contagi” e “scuole chiuse & la peggior barbarie della storia umana”, scelgo la prima, senza ombra di dubbio.
Mezzi raddoppiati o meno.
Percorsi anticovid organizzati o meno.
Vedano i ragazzi i nonni o meno.
Qualcuno dirà: eh, ma il prezzo da pagare sono vite umane. Le scuole le chiudiamo per un “buon motivo” (ce n’è sempre uno, no?).
E allora: quanti anziani ultranovantenni moriranno, per le scuole aperte? E ultraottantenni? E settantenni? E sessantenni? E cinquantenni?
Non lo so – molto pochi, vedendo i dati.
Non lo so, e so invece che potremmo abbassare questo numero in mille modi più efficaci di quelli in atto ora (per dire: investendo nelle cure più che nei vaccini; non facendo lockdown ad minchiam; potenziando la sanità domiciliare che “se ne parla, se ne parla”, ma non si è fatto nulla).
Comunque non m’interessa, è chiaro?, se questo numero viene usato come moneta di scambio, come parametro, come “prezzo troppo alto” da pagare. Perché è “troppo alto”, anche ammettendo lo fosse, per qualcosa di inestimabile.
La scuola NON ha prezzo.
NB: voi non avete idea di come stanno i ragazzi. Sennò vi sciacquereste la bocca prima di parlare, meschini che non siete altro. E no: non significa che i ragazzi ‘mo siano santi e vadano scusati di tutto – spesso sono delle teste di cavolo, che prendono in giro i compagni e fanno battutine. Ma sono esseri umani in formazione, a cui è stato levato ciò che dà senso alla vita mentre lo stavano scoprendo. Questo, per me, è peggio che uccidere, perché uccide l’uomo nella sua dignità antropologica, collettiva, sociale prima ancora di avergli dato l’opportunità di crearsela – quell’opportunità che tanti, invece, hanno avuto, e riavuto, e riavuto, e spesso hanno sprecato.
NB2: evito di scrivere cosa penso delle persone, di solito fini intellettuali che Preve proprio era stato magnanimo, che minimizzano, che dicono che loro il proprio alto contributo intellettuale riescono a darlo comodamente stando a casa, che magari il virtuale ci insegna a non essere razzisti fascisti e misogini, che i ragazzi in fondo stanno con la famiglia, mica in miniera. Vi auguro di vivere a lungo e in supersalute fisica, senza che vi venga mai il dubbio della vostra becera pochezza, di quanto fate ridere al confronto col mondo, col reale, perché mammamia che baratro sarebbe – appunto, non lo auguro al mio peggior nemico.
NB3: ribaltiamo un attimo la verve polemica del momento, proviamo. Ma non vi sentite in colpa, beceri, non empatici voi, che togliete ciò che rende la vita degna di essere vissuta, a dei ragazzi che avrebbero davanti tutto? Perché o non lo sapete, o non volete saperlo: questi ragazzi si sentono scippati di tutto, e lo sono: lo sport, la scuola, qualsiasi tipo di socialità, di confronto tra loro e con gli adulti. Siete voi, dannazione, che semmai dovreste sacrificarvi per loro, e non loro per “anziani usati strumentalmente”, e che spesso sono i primi, e giustamente!, a volersi godere ciò che dà senso alla vita e non il tempo materiale.
“Nel 2011 abbiamo avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica, a scopo suicidario e non, mentre nel 2020 oltre 300, quindi quasi uno al giorno”.
In questi, di reparti, non ci spedite nessuno per “capire come vanno le cose”?
Mai letto una cosa più supponente, arrogante, ignorante e pure sgrammaticata. Non pensavo fosse possibile e invece…. nun c’è covviddi !!! ahahahahaha
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Ma ho anche dei difetti.
Grazie del commento costruttivo e acuto.
Cari abbracci.
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Prego.E’ un commento che ha lo stesso spessore intellettuale e ricchezza argomentativa del testo postato.Dai con un pò di impegno un traguardo analitico da seconda elementare non è precluso nemmeno a te.
Saluti e baci
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